COMUNICATI STAMPA

27-11-2013

LE CRITICITÀ DELL'ACCESSO ALLA CURA NELLA MALATTIA DOLORE

Milano, 27 novembre 2013 - E’ in corso ad Arezzo l’ottava edizione del Forum Risk Management in Sanità dal titolo Il nuovo patto per la salute innovazione qualità sicurezza delle cure, il più grande evento sanitario in Italia che vede partecipi tutte le Istituzioni, le Regioni e le Aziende Sanitarie.

Il Forum è un momento di incontro tra tutti gli attori per confrontare e condividere le migliori buone pratiche ai fini di appropriatezza, qualità e sicurezza nei percorsi diagnostico-terapeutici.

Tra i numerosi temi affrontati e discussi nelle quattro giornate di incontri assume particolare rilievo il focus “Libertà di accesso alla cura in una prospettiva di lungo periodo: una scelta o un diritto?” durante il quale il dott. Paolo Notaro, Presidente di NOPAIN Onlus, Associazione Italiana per la cura della Malattia Dolore ha illustrato le criticità dell’accesso alla cura nella malattia dolore.

IL QUADRO EPIDEMIOLOGICO

15 milioni di italiani sono affetti da dolore cronico. Ad esserne colpito è soprattutto il sesso femminile (56% donne di cui il 62% con un’età pari o inferiore ai 50 anni). L’artrite/artrosi è la principale causa di dolore (45%), seguita dall’ernia del disco (12%), dalle lesioni traumatiche (10%) e dall’artrite reumatoide (8%).

Il 61% dei pazienti con dolore cronico subisce una riduzione della capacità lavorativa, il 50% soffre di depressione reattiva e i disturbi ansiosi sono presenti nel 40% dei casi. Spesso si è anche costretti ad abbandonare il posto di lavoro (11%). Il dolore in questi casi non è più un sintomo ma diventa una vera e propria malattia che necessita di intervenienti terapeutici efficaci ad alta complessità e multidisciplinari.

 

LA LEGGE 38/2010  E LA DIFFICOLTA’ DI ACCESSO ALLE CURE

La legge n°38 del 15 marzo 2010 ha costituito una svolta epocale tutelando e garantendo l’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative. Le strutture sanitarie che erogano Cure Palliative e Terapia del Dolore devono assicurare un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia.

Tuttavia dopo più di tre anni dall’entrata in vigore della legge, la maggior parte dei pazienti con dolore refrattario non è ancora informata sulla patologia di cui è affetta; sulle opzioni terapeutiche tecnologiche incluso gli stimolatori midollari e periferici (pacemaker del dolore), farmacologiche e integrative; sul diritto alla cura; sulla necessità di una presa in carico.

 “Delle oltre 2000 chiamate ricevute sul nostro numero verde negli ultimi tre anni,  - ha dichiarato il dott. Paolo Notaro - abbiamo rilevato che il 74% denuncia di non conoscere la legge n° 38/2010, mentre il 58% non sa addirittura quali siano le attività di una Struttura di Terapia del dolore. Il 78% delle persone ha dichiarato di avere una sindrome dolorosa di tipo benigno da almeno 8 mesi e il 38% ha riportato spontaneamente di avere una deflessione del tono dell’umore tanto da accettare di essere ricontattate dallo sportello psicologico che NOPAIN Onlus mette a disposizione”

Può trascorrere molto tempo, a volte degli anni, prima che i pazienti prendano coscienza della loro condizione patologica e di conseguenza della possibilità di accedere a cure efficaci, anche per una problematica culturale di riconoscimento del dolore cronico come una vera e propria malattia, essendo diventato un dolore globale.

A ritardare ulteriormente l’accesso del paziente alla cura appropriata e tempestiva, la mancanza di risorse completamente dedicate, l’assenza di una standardizzazione condivisa dei percorsi diagnostici e terapeutici tra gli stessi operatori e le diverse società scientifiche; la mancanza di modelli organizzativi flessibili e con sinergie funzionali anche tra le diverse strutture ospedaliere e territoriali; la difficoltà nell'attuare interventi complessi e nell'organizzare in maniera ottimale le attività a vari livelli, nella cura, nella ricerca, nello sviluppo tecnologico al fine di raggiungere in modo uniforme degli standard misurabili e confrontabili su tutto il territorio nazionale.

A creare ancora più confusione la marcata disomogeneità dei servizi offerti ai pazienti ai vari livelli, sia in termini di caratteristiche organizzative, interventi erogati, risorse a disposizione, sia per le denominazioni adottate dalle medesime strutture che rivelano spesso una certa confusione con i servizi offerti dalla rete di cure palliative. La variegata denominazione non è solo un problema di forma ma anche di contenuti in termini di prestazioni algologiche erogate spesso contrastanti tra di loro che sicuramente non agevola l’orientamento delle persone bisognose di cura, né favorisce la creazione di percorsi di cura ed assistenziali specifici. Attualmente in Italia ci sono oltre 21 denominazioni differenti delle organizzazioni che erogano prestazioni per la cura del dolore nei diversi ospedali: terapia del dolore, terapia antalgica, centro della neuromodulazione, medicina del dolore, algologia, medicina del benessere, fisiopatologia del dolore, hospice e clinica del dolore  etc.

Ma uno degli aspetti più critici dell’accesso alle cure è rappresentato dal ritardo nella creazione di una rete ospedale-territorio per la terapia del dolore con tutta la problematica organizzativa, della numerosità e qualità delle competenze professionali che essa comporta.

CONCLUSIONI

La malattia dolore è una malattia complessa che spesso non guarisce, si può curare anche per tutta la vita.

In futuro sarà molto importante investire in formazione, informazione, aggiornamento, ricerca e risorse umane dedicate per allineare il trattamento del dolore cronico in Italia ai servizi offerti da altri paesi avanzati della Comunità Europea.

“E’ evidente – ha concluso il dott. Notaro - che le criticità attuali del nostro paese e di tutti i paesi europei obbligano a un ripensamento dei modelli organizzativi, territoriali, regionali o interregionali, anche con  una riallocazione delle risorse competenti in modo tale da  aiutare concretamente tante persone che soffrono inutilmente, attraverso una più tempestiva, efficace ed appropriata cura.

Una maggiore e necessaria consapevolezza del problema, e un ripensamento degli attuali modelli organizzativi porterebbero anche a una riduzione dei costi sociali complessivi intesi ad esempio come riduzione di tanti esami e terapie inutili e assenze da lavoro.”

Le associazioni civiche e di volontariato possono apportare un importante contributo in termini di solidarietà e sussidiarietà per la realizzazione concreta della continuità di cura algologica tra ospedale e territorio.